La revisione è quella impugnazione straordinaria che ha per oggetto una sentenza di condanna divenuta irrevocabile.
La sentenza irrevocabile si presume “vera”; pertanto, per sostenerne l’ingiustizia bisogna dimostrarne l’erroneità magari con nuove prove che non erano disponibili nel momento in cui è stata pronunciata la sentenza , ma rivenute solo successivamente.
In sostanza il presupposto necessario per la revisione è la necessità di una prova “nuova” che non sia presa in considerazione dal giudice che abbia emesso la sentenza.
Il giudice della revisione è la Corte di Appello anche se il giudicato si è formato presso la Corte di Assise.
La revisione può essere richiesta:
1. Se i fatti stabiliti a fondamento della sentenza di condanna o del decreto penale di condanna non possono conciliarsi con quelli stabiliti in un’altra sentenza penale di condanna divenuta irrevocabile;
2. Se la sentenza o il decreto penale di condanna hanno ritenuto sussistente il reato a carico del condannato a seguito di una sentenza del giudice civile o amministrativo, successivamente revocata e passata in giudicato;
3. Se dopo la sentenza di condanna siano sopravenute o si scoprano nuove prove che, sole o congiunte a quelle già valutate dimostrino che il condannato dev’essere prosciolto;
4. Qualora si dimostri che la sentenza veniva pronunciata a seguito di falsità in atti o in giudizio, si pensi alla falsa testimonianza.
La legge n.103/2017 ha introdotto l’art. 629 bis C.P.P. che prevede la rescissione del giudicato: il condannato o il sottoposto a misura di sicurezza con sentenza passata in giudicato, nei cui confronti si sia proceduto in sua assenza per tutta la durata del processo, potrà ottenere la rescissione del giudicato qualora riesca a provare che la sua assenza è stata dovuta ad una incolpevole mancata conoscenza della celebrazione del processo.
Il ricorso per revisione deve contenere elementi tali da dimostrare che il condannato doveva essere prosciolto.
Avv. Sebastiano Desogus
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