Un processo di “droga parlata” può avvenire quando alcuni soggetti sono sottoposti a delle intercettazioni telefoniche, e in queste conversazioni si parlerebbe, attraverso un linguaggio allusivo e non chiaro, di passaggi di sostanze stupefacenti.
Con l’espressione di “droga parlata” si fa riferimento al linguaggio che è adoperato dagli spacciatori nel corso delle conversazioni per gli accordi e le trattative relative al commercio dello stupefacente.
In questi casi, il principio fissato dalla giurisprudenza di legittimità è un punto di riferimento fondamentale per il giudice di merito che viene dunque “responsabilizzato” di compiere attraverso un’attenta analisi delle conversazioni, e considerata la frequenza di alcune espressioni, una difficile e complessa valutazione delle risultanze investigative.
L’intercettazione telefonica, tuttavia, non necessariamente deve trovare delle conferme esterne, infatti per Giurisprudenza consolidata, per essere considerato colpevole un soggetto non occorre che gli sia stata sequestrata un minimo di sostanza stupefacente o che sia stata fotografata una cessione di coca e/o una bustina d’erba, ma sono sufficienti le sole conversazioni captate.
Ci poniamo la domanda: “ma in quella conversazione si parla veramente di droga o di qualcos’altro?”; sicuramente la difesa dovrà dare una spiegazione logica a quelle conversazioni, infatti, l’intercettazione per avere una validità probatoria, deve essere connotata da tre elementi: “chiarezza, decifrabilità del significato e assenza di ambiguità”.
Bisogna essere in presenza di indizi univoci, precisi e concordanti e rispettosi dei criteri fissati dall’art. 192 c.p., così che può dirsi raggiunta la prova di responsabilità; occorre che le conversazioni parlino espressamente di droga, di fumo, di prezzo per ogni grammo, del rischio di essere arrestati, di viaggi in qualche località a ritirare un pacco, di acconti e crediti, tutte espressioni che non lasciano spazio al dubbio della responsabilità dell’imputato e/o indagato.
A questo proposito, in caso di condanna per spaccio di sostanza stupefacente quando il contenuto delle conversazioni telefoniche poste a base della condanna non sia sostenuto da elementi obiettivi – sequestri, perquisizioni, dichiarazioni di terzi ecc. – il giudice sarà tenuto a motivare i motivi dei mancanti riscontri (Cass. pen., sentenza n. 50995/13)
In tema di droga parlata, si ricordano le figure criminose descritte nell’art. 73 d.P.R. n. 309/90 che hanno ad oggetto il traffico illecito delle sostanze stupefacenti in tutte le sue forme, compresa quella della offerta in vendita, e non le vanterie di chi “offre” stupefacenti senza averne la disponibilità.
Non si può pertanto, affermare la penale responsabilità per il delitto di offerta in vendita di sostanze stupefacenti se prima non si è raggiunta la prova che queste fossero nella effettiva disponibilità del soggetto sottoposto ad intercettazione.
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